sabato 22 settembre 2012

Induzione del parto: tecniche non farmacologiche.

Visto che ormai sono abbondantemente oltre al termine, parliamo un po' di induzione del parto. Ci sono casi in cui è necessario infatti indurre il parto e sono:
  • Gestazione post termine: calcolata non a 40 settimane, ma ben 10 giorni dopo, questo perchè la placenta inizia ad invecchiare e non si può sapere se il bimbo è in grado di nutrirsi adeguatamente e quindi si procede all'induzione per evitare eventuali sofferenze fetali.
  • Rottura spontanea delle acque a termine, ma travaglio non avviato dopo 12-18 ore: in questo caso si effettua l'induzione perchè non viene più garantita la sterilità dell'ambiente uterino e potrebbe esserci rischio di infezione.
  • Patologie quali ipertensione, diabete gestazionale, ritardo di crescita: possono rendere necessaria l'induzione, ma è da valutare caso per caso. 
Prima delle tecniche farmacologiche, ci sono altri due metodi utilizzati per favorire l'inizio delle contrazioni, il primo è quello che mi è stato praticato all'ultimo controllo post termine che ho effettuato a 41 settimane esatte, ossia lo scollamento delle membrane, che consiste si scollare meccanicamente le membrane amniocoriali del sacco dalla superficie interna del collo dell'utero.
Viene eseguita inserendo il dito nella cervice uterina e creando meccanicamente lo spazio tra il tessuto uterino e il sacco amniotico, in modo tale da stimolare attivamente le contrazioni e stimolare la produzione di prostaglandine, ormone che è utile ad innescare o accellerare il travaglio.
Questa manovra viene eseguita solo se il collo dell'utero è morbido e pervio al dito, altrimenti difficilmente risulta utile.

Altro metodo è l'amnioressi, ossia la rottura manuale del sacco amniotico, sempre per sollecitare la produzione di prostaglandine. Non deve mai essere eseguita come punto di partenza per iniziare il travaglio, ma sempre in abbinamento ad altre tecniche, perchè senza liquido amniotico aumenta il rischio di anomalie cardiache del feto e la difficoltà dello stesso ad inserirsi nel canale del parto.
Normalmente viene praticata se non è già avvenuta quando si è a 7/8 cm di dilatazione o anche per accellerare i tempi del travaglio già a 4 cm di dilatazione. Viene utilizzato uno strumento specifico chiamato amniotomo ed è una manovra indolore in quanto il sacco amniotico non ha terminazioni nervose.
Dopo la rottura del sacco però le contrazioni diventano più frequenti e dolorose in quanto la testa del piccolo preme direttamente sulle terminazioni nervose dell'utero senza il cuscinetto dell'acqua a protezione, che quindi porta a un maggior afflusso di ossitocina e quindi intensificazioni delle contrazioni.
Non è una manovra che dovrebbe essere eseguita come prassi, secondo le indicazioni dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), come si legge nelle linee guida per il travaglio ed il parto:
La rottura artificiale delle membrane, fatta di routine, non ha nessuna giustificazione scientifica e, se richiesto, si raccomanda solo in uno stadio avanzato del travaglio

La prossima volta invece parleremo delle tecniche farmacologiche, che spero vivamente di non dover sperimentare di persona!

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